26 aprile 2015

Se non si teme Alessandro Magno


Vuole la vulgata dei nostri tempi che il grande conquistatore macedone, sull’onda delle tante facili e grandiose conquiste, nell’ultima parte della sua vita si insuperbisse e perdesse la misura; e che per questo cominciasse a pretendere di essere venerato quale Re-dio. Tuttavia Alessandro mostrava segni di ciò che sarebbe diventato già all’inizio della sua vertiginosa ascesa. Sentite cosa racconta Arriano del condottiero appena ventenne (durante la spedizione nei Balcani) nella sua Anabasi, I.4,6-8 (versione di D. Ambaglio, Rizzoli):

Giunsero allora presso Alessandro ambasciatori degli altri popoli che abitano liberi sull’Istro e da Sirmo re dei Triballi; e ne arrivarono dai Celti insediati sul golfo Ionio; i Celti sono di forte corporatura e hanno una grande idea di sé. Tutti dissero di essere venuti aspirando all’amicizia di Alessandro; questi scambiò con tutti promesse di lealtà; ai Celti, poi, chiese pure quale delle cose umane li spaventasse di più, ritenendo che la sua grande fama fosse giunta anche presso i Celti e ancor più lontano e che essi avrebbero detto che proprio lui più di tutto temevano. Ma la risposta dei Celti risultò contraria alle sue aspettative; poiché infatti erano insediati lontano da Alessandro e abitavano regioni poco accessibili e vedevano le mire di Alessandro rivolte ad altro, dissero di temere che il cielo cadesse loro addosso e che, pur ammirando Alessandro, non per paura né per bisogno gli avevano mandato un’ambasceria. Ed egli dopo averli chiamati amici ed alleati li rimandò indietro, commentando soltanto che i Celti sono smargiassi.

18 aprile 2015

I perigli del misticismo


Il teologo Langdon Gilkey (citato da John Stambaugh) ricorda così l’attitudine ‘mistica’ del celebre collega Paul Tillich. 

Una volta Tillich, che amava definirsi un 'mistico della natura', era in visita ad un convegno. I suoi ospiti, per compiacerlo offrendogli una bella dose di natura, lo portarono in un ampio, meraviglioso giardino. Grande fu la sorpresa di tutti quando Tillich, rifiutandosi di uscire dall'auto, chiese ansiosamente: "Ci sono mica serpenti in questo giardino?"

5 aprile 2015

Fa' ciò che vuoi


Chi vi ricorda questo invito? Le fonti che vengono subito in mente sono due. La prima è Sant’Agostino, che nel Commento alla Prima Lettera di San Giovanni scrive appunto “Ama, e fa’ ciò che vuoi”. Come a ribadire che, una volta che si segua profondamente l’amore come principio-guida (ma il termine è dilige, di ampio significato, non limitato all’ ‘amare il prossimo’, già veterotestamentario), ogni altra dottrina morale perde di rilevanza.

Lo stesso imperativo, “Fa’ ciò che vuoi”, è inciso sul retro dell’AURYN, l’amuleto che rappresenta l’Infanta Imperatrice in La storia infinita di Michael Ende. Libro bellissimo, profondo, radicalmente ridotto (e banalizzato) dal film omonimo di Wolfgang Petersen del 1984, che ne copre solo la prima metà scarsa (e la meno interessante). 


La prospettiva in cui tal principio è qui impiegato è ovviamente diversa: in tutt’altra epoca e tutt’altro contesto culturale, dopo Freud e dopo varie “morti di dio”, Ende delinea per il giovane lettore protagonista del romanzo un percorso di auto-conoscenza, e mostra che l’invito a fare ciò che si vuole, apparentemente semplice, è il più difficile di tutti. 

Chi può dire in piena coscienza di sapere realmente cosa vuole nel profondo di sé? Dietro questa domanda non c’è l’idea banale del cercare sé stessi, il concetto ‘pop’ di inconscio… essa lascia intravedere secoli di dibattito filosofico e scientifico sullavolontà debole, sull’enigma del conflitto interiore, la peculiarità umana che tutti abbiamo conosciuto almeno una volta nella vita, di credere di volere una certa cosa, ma di fatto non riuscire a metterla in pratica. (continua qui)